Roma. Non dovrà essere uno “svuota cassetti”. E cioè una riesumazione – magari sotto la voce “green” – di progetti impolverati nei ministeri dagli anni ‘80. E poi, auspicano sempre a Palazzo Chigi, “niente assalto alla diligenza” in stile Finanziaria, signori ministri. Va bene che i 209 miliardi di euro del Recovery fund serviranno a irrorare destini personali e campagne elettorali future così come gruppi d’interesse e istanze territoriali, ma la raccomandazione sull’asse Conte-Amendola (il ministro che ha il compito di fare da collante) è rigida: va seguita una matrice comune, i progetti per accedere ai fondi post Covid dovranno essere armoniosi. “Un coro polifonico”. Senza acuti e soprattutto stecche. Altrimenti? La Commissione potrebbe storcere il naso, mandare indietro i dossier, chiedere chiarimenti. Domani il premier riunirà il Ciae, che sta per Comitato interministeriale per gli affari europei. Dalla riunione usciranno fuori le linee guida sul Recovery fund da sottoporre al Parlamento. Il pacchetto sarà pressoché blindato, ma non si potrà dire. Una volta tornate indietro – le linee guida – dal 15 ottobre inizierà l’interlocuzione formale con la Commissione. Dopodiché tutti i piani nazionali andranno presentati tra gennaio e aprile 2021. Tutto semplice? Non proprio.
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